Partnership tra Edela e Anci. Lo scorso 25 maggio l’associazione Edela, rappresentata dalla presidente Roberta Beolchi ha siglato un accordo con Luca Baroncini, sindaco di Montecatini Terme, nonché coordinatore nazionale di Anci Giovani.

 

 

 

 

 

Per la prima volta un’associazione verrà messa in contatto tempestivamente con altri comuni,  potendo intervenire immediatamente  nelle richieste di aiuto. Una vera e propria rete di solidarietà a tutela degli orfani di femminicidio e famiglie affidatarie. 

«Ho iniziato – chiarisce Roberta Beolchi, la presidente di Edela perché mi ponevo sempre il pensiero del futuro di questi bambini rimasti orfani. Così ho fondato un’associazione dedicata a chi resta. Il femminicidio non è solo la tragedia di una donna uccisa, ma esiste anche la famiglia che subisce la morte della figlia, i traumi di chi sopravvive. Oggi è un momento istituzionale importante anche per i tremila orfani presenti ad oggi sul territorio».

La scelta del Comune di Montecatini Terme: «C’è una tragedia dentro la tragedia – afferma il sindaco Luca Baroncini per quelli che restano. Questo importante tema aveva bisogno di un punto di riferimento territoriale per poter raggiungere ogni singolo caso. Il sindaco è la figura che nella maggior parte dei casi può avere la conoscenza di quello che accade nella sua città, segnalare con la garanzia istituzionale di riservatezza i casi specifici. Vogliamo che anche gli altri Comuni italiani aderiscano, gli ottomila sindaci dovrebbero diventare referenti. Anche con altre associazioni, perché l’importante è aiutare. Come presidente di Anci giovani coinvolgerò l’Associazione nazionale comuni italiani affinché tutti siano informati, possano aderire e firmare questo protocollo d’intesa. Questo consente all’associazione di intervenire e di salvare chi è rimasto. C’è chi ha perso la vita e poi quelli che sono a rischio e si ritrovano da soli. Bisogna supportare i nonni, spesso anziani e gli zii che si ritrovano a dover fare da genitori”.

La presidente e fondatrice di Edela , è stata insignita del premio internazionale  dedicato all’universo femminile”” presso la Sala della Promoteca in Campidoglio – Roma lo scorso 22 maggio. Un importante riconoscimento per  le tante iniziative e per l’impegno costante e quotidiano dell’associazione Edela a tutela e sostegno degli orfani di femminicidio e famiglie affidatarie.

L’edizione 2023 del premio internazionale “Donne D’Amore”, promosso dall’On. Davide Bordoni, Consigliere Capitolino e dall’Onorevole Simonetta Matone, e organizzato dall‘Associazione Naschira partner di Barrett International Group di Virginia Barrett,  in collaborazione con la Casa Editrice “Herald Editore” di Roma e con il Patrocinio gratuito della Presidenza dell’Assemblea Capitolina e della Regione Lazio.

Le parole dell’organizzatrice ed ideatrice dell’evento Virginia Barrett: “Donne d’Amore è un premio internazionale sempre più importante anche alla luce delle tristi notizie di cronaca. Oggi tantissime personalità delle istituzioni e dello spettacolo portano la loro personale testimonianza proprio per dire a tutte le donne che non sono sole”. Concetto ribadito anche dall’Onorevole Deputata Simonetta Matone: Sono da sempre promotrice e amica del premio. Purtroppo quando una donna viene brutalmente aggredita spesso è qualcosa di già successo precedentemente, non dobbiamo chiederci se ci sia un vuoto legislativo ma perché le donne non denunciano e agiscono subito. Dobbiamo far sì che non si sentano più sole e cambiare quello che è un problema sociale di questo paese”.

Si chiama Sofia, un nome di donna, simbolico e in nome di tutte le donne, mamme, morte di femminicidio. E’ l’ultima nata in casa Montbel ed è una sedia nata e concepita per essere al centro di un progetto sociale importante, per l’Associazione Edela, a sostegno degli orfani di femminicidio e delle famiglie affidatarie.

Sofia, fino alla fine del 2024 sarà la poltrona simbolo di un progetto voluto fortemente da Manuela Montina e che sosterrà gli orfani invisibili, tutti quei bambini e ragazzi, rimasti soli al mondo, vittime inconsapevoli, figli di un destino subìto, senza scelta e senza appello.

La presentazione del progetto  si è tenuta il 18 aprile a Milano in occasione della 61esima edizione del Salone Internazionale del Mobile, con un Evento Fuori Salone dedicato a Sofia per Edela alle 18.00 in Via Solferino 24, presso Metroquality.

 “Bellissimo progetto, profondamente onorata che un’azienda di prestigio come Montbel abbia guardato ad Edela – dichiara Roberta Beolchi, presidente Associazione Edela.- e deciso di sostenere gli orfani di femminicidio e le famiglie affidatarie con un prodotto dedicato. Bellissimo il nome Sofia e il significato simbolico a cui si lega, in nome di tutte le donne, mamme, morte di femminicidio”

Edela è un’associazione no profit a sostegno e tutela degli orfani di femminicidio e delle famiglie affidatarie. Diretta e fondata da Roberta Beolchi, è impegnata nel quotidiano su problematiche di natura giuridica e psicologica, azioni concrete per garantire il diritto allo studio agli orfani di femminicidio, creando un percorso di riabilitazione e avviamento per un totale inserimento sociale e professionale.  Dopo diversi anni di studi, incontri diretti con i bambini, orfani maggiorenni e nonni, è maturata la convinzione di scendere in campo per dare un concreto e diretto supporto a quanti si ritrovano privi di alcuna garanzia circa il proprio quotidiano e soprattutto circa il futuro. Insieme a un team di eccellenti professionisti specializzati, Edela desidera fortemente affrontare tutti i temi che coinvolgono i bambini nella loro sofferenza, di come crescono, della loro futura educazione, affettività e delle conseguenze che affrontano dopo la separazione violenta dalla madre uccisa dal loro padre.

Montbel sosterrà Edela per tutto il 2023 e 2024, un impegno fortemente voluto che guarda lontano.

 

“Come azienda da sempre sensibile ai temi sociali abbiamo scelto di sostenere questa iniziativa– dichiara Manuela Montina- Presidente Montbel-. Perché crediamo che le imprese abbiano una responsabilità sociale importante. Supportare l’Associazione Edela dà a Montbel la possibilità di contribuire, con un gesto concreto, al bene comune, sostenendo la sensibilizzazione verso il delicato tema del femminicidio e  contribuendo ad assicurare un futuro migliore ai ragazzi e ai bambini coinvolti. Desideriamo che questa collaborazione si trasformi in un invito a tutti a guardare al design come uno strumento per creare e coltivare connessioni umane, ambasciatore di un pensiero evoluto e colto che privilegia scelte sostenibili per il bene di tutti”. 

Montbel nasce nel 1959 da Silvano Montina che ha da subito imposto i principi che rappresentano tuttora l’impronta dell’Azienda: qualità dei materiali, cura del prodotto in ogni dettaglio e attenzione alle esigenze del cliente.

Manuela Montina – Presidente della Società – e Stefano Montina hanno preso per mano l’Azienda trasformandola in un Brand riconosciuto dal settore e presente in tutti i principali mercati internazionali. Negli ultimi anni, anche la terza generazione ha iniziato a partecipare al management aziendale, al fine di proseguire questa straordinaria storia familiare fatta di dedizione e passione.

“È proprio grazie alla continuità generazionale che siamo riusciti, a partire dagli anni ’90, a proporre le nostre collezioni al mercato nazionale ed internazionale consolidando la reputazione del nostro Brand. Le nostre creazioni parlano di funzionalità, ma anche di design, di comfort ma anche di resistenza a severi test per soddisfare i nostri clienti nel settore contract e residenziale.  Ogni anno con l’introduzione di nuovi modelli vogliamo confermare un’evoluzione continua, che ha radici nel passato, si afferma nel presente ed è proiettata al futuro. Sposando tecnica ed estetica, contribuiamo a rendere più belle, razionali e accoglienti le aree dell’abitare, dell’ospitalità e dei luoghi di lavoro. Proponiamo la nostra anima italiana esportando con successo in tutto mondo ed esclusivamente 100% Made in Italy”.

Montbel è oggi una delle aziende più dinamiche nel mondo delle sedute di livello alto, tanto da aver arredato prestigiose catene Alberghiere, tra le quali: Hilton, Hyatt, Radisson SAS, Sheraton , Marriott e Buckingham Palace. Clienti di questa importanza riconoscono non solo di avere un prodotto particolarmente adatto a strutture di alto livello, ma anche di avere una qualità e un servizio pre e post vendita invidiabile. Dal 2013, infatti, l’Azienda ha affiancato allo staff commerciale un team di professionisti che ha permesso nel tempo di seguire approfonditamente la clientela internazionale e costruire un network altamente specializzato sul mercato nazionale.

Dal 2012 Montbel partecipa alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia come sponsor tecnico.

 

Il giorno 7 marzo è stata presentata la partnership tra l’ Associazione Edela, a sostegno degli Orfani di Femminicidio e della Famiglie affidatarie e l’Ordine dei Commercialisti di Avellino  per l’anno 2023. Hanno presieduto la conferenza, alla presenza di parte del Consiglio dell’Ordine dei Commercialisti, il presidente Mario Lariccia e la presidente dell’associazione Edela, Roberta Beolchi.

«Quest’anno – afferma il presidente Lariccia – abbiamo deciso di abbracciare la causa portata avanti con impegno dall’Associazione Edela, a sostegno degli orfani di femminicidio e famiglie affidatarie Il problema è diventato tragicamente frequente, spesso però ci si sofferma solo alla contabilità delle morti, dimenticando che queste morti significano anche una vita di un orfano segnata da un dramma familiare. Il nostro impegno, non sarà solo economico, ma anche culturale, attraverso la sensibilizzazione dei giovani al rispetto. Da anni, infatti, partecipiamo a progetti nelle scuole superiori per promuovere la cultura della legalità, della correttezza dei comportamenti».

Una collaborazione che precede il giorno in cui si celebra la Festa delle Donne e si ricordano anche le vittime di femminicidio, i cui numeri sono in continuo aumento.

 

 

Valentina Belvisi, orfana di femminicidio:” Quando ho avuto il cognome di mia madre sono rinata. Quell’uomo non è mio padre, è semplicemente Luigi. Grazie a Roberta Beolchi per avermi dato una speranza”

Un cambio di cognome, di città, di vita. Il coraggio di chi ha avuto la forza di rialzarsi e andare avanti. Protagonista della storia è Valentina Belvisi, un’orfana di femminicidio. Il 15 gennaio 2017, Luigi Messina, il padre di Valentina, ha ucciso con 29 coltellate, la moglie Rosanna Belvisi. Nel 2018 la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado. Luigi Messina sta scontando la pena di 18 anni di carcere, in quanto il giudice ha escluso l’aggravante della crudeltà. Il massacro è stato la conseguenza di un raptus, di una “deflagrazione emotiva incontrollabile”, come si legge dalla sentenza.  Valentina è convinta che Luigi, così lo chiama, non si è mai pentito: “Continua a infangare mia madre, poverina, si starà rivoltando nella tomba. Vuol far passare come un raptus quello che ha commesso. Qualche settimana fa gli ho detto di smetterla con le bugie. Poco prima del massacro, portò sotto casa l’amante e suo figlio, il mio fratellastro. Allora aveva due anni. Pensava di vivere tutti sotto lo stesso tetto, come fanno gli arabi. Follia pura. Poco tempo fa, sono stata contattata da un’assistente sociale di Vicenza, la città dove vivo, voleva sapere che padre fosse. Lui le ha detto che  si stava separando da mia madre, ma non è vero. Non si sarebbe mai allontanato da lei per il conto in banca. Lui non lavorava da tempo. Dopo i continui attacchi a mia madre e l’ennesima bugia ho deciso di mettere fine alle nostre telefonate”.

 Che tipo di conversazioni erano, di cosa parlavate durante le telefonate?

Tutto è iniziato perché dovevo fare la domanda per gli orfani di femminicidio. Il mio vecchio avvocato, dopo aver perso un anno di tempo, mi spiegò che c’era un iter da seguire e mi chiese se volevo sentire mio padre. Da allora si sono susseguite una serie di chiamate, che però sono diventate un po’ troppe frequenti e ho deciso, così, di scaglionarle. Voleva sapere della mia vita, cosa facevo, mi raccontava come si svolgeva la sua giornata in carcere. A volte parlavamo di mia madre. Gli ho fatto delle domande per capire se fosse pentito di quello che aveva fatto, per la sua coscienza. È una persona instabile a volte dichiara essersi pentito, altre volte incolpa mia madre, trova sempre il modo per giustificarsi.  Luigi non lavorava, mia madre lo ha salvato dalla strada, c’era un periodo che beveva, ne ha fatte di cotte e di crude. Allora, ho deciso di non sentirlo più, non mi fa bene. Penso anche al mio fratellastro, ora avrà otto anni. Aveva due anni quando è successa la tragedia. Cosa gli dirà? Sono tuo padre e sono in carcere perché ho ucciso la madre di tua sorella”.

Lo hai informato sul cambio di cognome?

Gliel’ho detto di persona. Non mi volevano concedere l’incontro in carcere con lui. Ho spiegato che potevano anche passare anni, ma il risentimento non sarebbe mai passato. Era inutile aspettare. Così, dopo tanta insistenza, me l’hanno concesso poco prima del processo di appello, lui aveva chiesto lo sconto di pena. L’ho guardato negli occhi e gli ho detto che mi sarei chiamata Valentina Belvisi e non più Valentina Messina. Lui non ha proferito parola a riguardo. Avevo desiderio di prendere il cognome di mia madre già prima del tragico episodio, sono sempre stata orgogliosa di lei. Luigi, invece, c’era in un modo non adeguato a un padre di famiglia. Dopo quel giorno, mi faceva schifo firmare con il cognome Messina. Nel gennaio del 2020, ho potuto avere il cognome di mia madre. È stato come nascere per la seconda volta. Non ho vissuto l’adolescenza e la giovinezza, a causa delle sue imposizioni e dei problemi che creava in casa. In trenta anni ha commesso cose terribili”.

Come mai, nell’arco di questo lungo tempo, tua madre non ha chiesto aiuto?

Aveva paura potessero portarmi via da lei. Mia madre era l’unica che lavorava e lui faceva il beato mantenuto. Temeva che con la denuncia sarebbero intervenuti gli assistenti sociali, che in ogni caso sono entrati in casa quando ho compiuto 16 anni e ho deciso di andar via”.

Un particolare che ti è rimasto impresso di quel giorno.

“Nessuno mi ha avvisata, l’ho saputo tramite la tv. Ero appena tornata da un viaggio in Svizzera. Dovevo vedere mia madre il giorno dopo, continuavo a telefonarle, ma non ricevevo alcuna risposta. Non guardavo mai il telegiornale. Fatalità, quel giorno stavo a casa del mio ex, stavamo aspettando il fratello per uscire. La tv era su Rai 2, quando compare la scritta donna uccisa a Milano Lorenteggio. Ho controllato su internet, dove erano riportati altri particolari, l’indirizzo e l’età. Non poteva che essere mia madre. Le autorità hanno spiegato che non riuscivano a rintracciarmi. In Svizzera, i ricettori non prendono bene, ma già intorno alle 15 ero qui a casa. Probabilmente è stato un tentativo di protezione, per non farmi andare sulla scena del crimine. Potevo, però, scoprirlo diversamente, recandomi prima a casa di mia madre”.

Oggi sei Ambasciatrice di Edela e porti avanti una serie di progetti…

Noi affrontiamo tante tematiche che lo Stato tralascia. Lo psicologo l’ho trovato da sola con l’aiuto di un’altra associazione, al tempo non conoscevo ancora la presidente di Edela, Roberta Beolchi. Ero sola quando ho cambiato città e ho dovuto effettuare il trasloco. Ero sola quando ho dovuto ripulire il pavimento e i muri imbrattati di sangue, pensavo mi facessero trovare almeno la casa pulita. Ho avuto la forza di ricostruirmi una vita, ma non tutti ce l’hanno. Molti orfani di femminicidio sono minorenni, a volte neonati. Manca l’assistenza anche ai nonni, alle famiglie affidatarie. La svolta è avvenuta quando ho conosciuto Roberta. Quando mi ha aperto le porte di Edela, mi ha dato tanta speranza, mi ha aiutato a trovare lavoro. Roberta c’è sempre, per tutto. Anche se vuoi studiare, ti mette nella condizione di farlo. Insomma, ti aiuta a fare tutto quello che lo Stato non ti permette di fare.  Abbiamo tanti progetti in mente e speriamo di realizzarli quanto prima. Essere ambasciatrice di Edela vuol dire ricambiare tutto quello che Roberta ha fatto per me, continua a fare e sono certa farà in futuro. Vogliamo donare una speranza agli orfani di femminicidio, bambini e adulti che non sanno come risolvere questioni su cui ancora oggi ci sono molto punti interrogativi. La mia vita è cambiata in poco tempo. Avevo una famiglia e poi, in un attimo, più nulla. Poi, ho avuto la fortuna di incontrare mio marito, una persona buona e paziente e ho costruito con lui una famiglia a Vicenza”.

C’è una possibilità di rinascita per tutti, quindi?

Certo, ma bisogna volerlo. Il cammino è duro, non è facile. Bisogna entrare nell’ottica che non si può darla vinta alla persona che ci ha fatto del male. Questo ragionamento mi ha dato la forza di andare avanti. Se cadevo era un’ennesima sconfitta per me e mia madre. Non doveva pensare di essere riuscito a far male entrambi. Alla fine, con tanta determinazione, ce l’ho fatta”.

Hai definito Luigi  Messina “fortunato”, perché?

“Ha avuto una condanna di soli 18 anni e ne sono già passati sei. Temo ne manchino solo quattro. In Italia esistono sconti di pena, permessi ecc. Loro hanno troppe concessioni, c’è una rete che li protegge, invece dovremmo essere noi quelli protetti. C’è un sistema sbagliato. Luigi non è pentito. Puoi lavorare su di lui a livello psicologico, ma è tutto inutile”.

 

Qui rientra l’importanza del progetto della prevenzione rivolta agli uomini che sarà presentato a breve …

“Assolutamente sì, è troppo facile voler aggiustare tutto dopo. Un uomo in difficoltà mentale è un pericolo per la famiglia e si deve quindi, intervenire prima. Non serve volerlo inserire successivamente in società, non credo ai pentimenti del dopo. Occorre proteggere donne e bambini e al contempo svolgere un lavoro sugli uomini. Non si possono lasciare allo sbaraglio e metterli in condizione di commettere un omicidio, bisogna fermarli prima e capire cosa fare. Magari, come sostiene Roberta Beolchi, con questo lavoro riusciamo finalmente a ridurre il numero dei casi. Colgo l’occasione per ringraziare Roberta per tutto quello che ha fatto e continua a fare per me, è un punto di riferimento nella mia vita”.

Quest’anno Edela vuole regalare a tutti gli orfani di femminicidio, vittime, nonni e famiglie affidatarie un “Natale in Sogno”, con la Campagna Raccolta Fondi Natale 2022 che  vede, ancora una volta, al nostro fianco la catena Lungarno Collection. Un progetto tanto ambizioso, quanto originale e affascinante: la realizzazione di shopping bags natalizie, di tessuto di pregio, a marchio Lungarno Collection by Ferragamo e marchio Edela.

 

Contenuto scelto e selezionato della shopping bag natalizia: confezione cantucci artigianali  Falcone(simbolo del legame con Firenze e la Toscana), un torrone artigianale di Torrone di Iorio Montemiletto (simbolo del legame con la Campania), un libro di Graus Edizioni (simbolo del legame con la Cultura) e un vino rosato dell’Azienda Agricola Fiorentino. Il nome del vino è “Flavia” ed è proprio questo nome che diventerà protagonista della campagna natalizia.

Il nome del vino è “Flavia” ed è proprio questo nome che diventerà protagonista della campagna natalizia: “Sono Flavia, tua mamma. Figlia mia distingui sempre l’amore dall’inganno. Le botte, i lividi, levessazioni, non sono manifestazioni d’affetto, ma soprusi. Ricorda, il primo schiaffo non sarà l’ultimo,ma il primo di una lunga serie. Non essere ingenua, l’uomo che usa violenza contro una donna, non cambierà, ha bisogno solo di essere curato. Non fare come me, non illuderti. Nessuno può sminuirti,umiliarti, dire che non sei abbastanza. Reagisci. Guardati allo specchio, asciugati le lacrime. Non voglio più vedere quella tristezza sul tuo volto. Truccati, mettiti il vestito più bello, esci, respira la libertà, dici basta. Abbi il coraggio di chiedere aiuto, io non l’ho avuto. Spicca il volo, afferra con forza la tua vita e custodiscila gelosamente. Io ero, tu sei, tu puoi. Ho utilizzato le fiabe per raccontarti cosa accadeva. Sono stata la fata con l’occhio truccato di nero, la befana dalle ossa rotte, la principessa che non sente da un orecchio. Volevo solo proteggerti e invece, ti ho dimostrato quanto una donna può sbagliare, cercando di tenere il nulla insieme. Ora non sono più una fata, una befana, una principessa, sono un angelo, il tuo angelo, sono la voce delle donne che non possono più parlare, il coraggio di dire basta, la voglia di combattere. Sono la voglia d vivere con gioia che annienta ogni violenza, la forza dello spirito. Sono la madre di tutti gli orfani. Afferro le loro mani, le stringo e li conduco al di là di ogni violenza, al di là dell’orizzonte, in un futuro colmo di amore e speranza. L’amore per te stessa lo dimostri quando hai il coraggio di disobbedire. Abbi il coraggio di dire basta, chiedi aiuto, esci, afferra la tua libertà, custodisci la tua vita. Amala, amati, ama i tuoi figli, non lasciarli soli. Nessuno si salva da solo”.

Per ordini scrivici a: info@associazioneedela.it

Stefania Formicola, dolce e al contempo caparbia. Una ragazza come tante, con tanti sogni nel cassetto, distrutti da un colpo di pistola, dritto al cuore. Responsabile dell’omicidio, il marito Carmine D’Aponte, da cui si stava separando, dopo reiterate violenze domestiche. Era il 19 ottobre 2016, D’Aponte aveva avvicinato la vittima, con la scusa di un ultimo chiarimento. Era una trappola. Un destino crudele che Stefania aveva previsto.  Poco prima della tragedia, nel 2013, aveva scritto un testamento: “Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e in caso di loro morte a mia sorella Fabiana”. Poco dopo, è nato il secondogenito. Entrambi i figli, all’epoca Mario aveva 7 anni e Luigi soli 9 mesi, sono stati affidati ai nonni materni, Luigi Formicola e Adriana Esposito. “Siamo i nonni affidatari – spiega la nonna materna – e anche i tutori. Sono sempre stati con noi.  Portano il cognome della madre, Formicola e nessuno può venire a toglierceli, sono i nostri nipoti”.

 

Come è maturata la decisione del cambio di cognome?

Non avrebbe avuto senso lasciare il cognome di un padre che non solo non è mai stato present, ma che ha fatto loro solo del male. Carmine era molto orgoglioso del suo cognome e che il primogenito portasse il nome del padre. Eppure, la famiglia paterna non si è mai interessata ai bambini, non ha mai chiesto notizie. Il piccolo aveva 19 mesi quando la mamma e morta, prendeva ancora il latte della mamma. Non sanno nemmeno cosa vuol dire far prendere il biberon al bambino, cambiare un  pannolino, noi ci siamo dovuti sostituire completamente alla madre per anni. Non si sono mai interessati dei nipoti, nemmeno con una telefonata, fino ad ottenere l’allontanamento, con una misura restrittiva che non consente loro di avvicinarsi alla nostra famiglia. Il fratello maggiore di Carmine D’Aponte ha testimoniato contro di noi, la giustizia, però, è stata clemente: non sono stati creduti dal giudice e sono stati condannati con pena sospesa per calunnia. Mario, il primogenito, quando sentiva quel cognome si straniva. Dal giorno in cui ha preso il cognome della madre è stato felice, abbiamo organizzato una grande festa”.

Come si comportava D’Aponte con i suoi figli?

Una volta è tornato a casa con un sacchetto di caramelle per suo figlio, Mario. Il bambino, entusiasta, ha aperto il sacchetto, ma all’interno non c’era nulla. È rimasto malissimo. Ho chiesto spiegazioni a D’ Aponte, rispose che nel tragitto verso casa le aveva mangiate tutte, non era riuscito a resistere. Non capisco il perché dare comunque al figlio il sacchetto vuoto. Era un padre assente e quando c’era non era di buon esempio. Il primogenito è sempre stato ben educato e studioso, a lui non andava bene, desiderava crescesse come un delinquente”.

 Durante il fidanzamento con sua figlia aveva mostrato qualche segno che faceva, in qualche modo, presagire la tragedia?

Mia figlia era studiosa, autonoma, mi ha dato tante soddisfazioni. Era anche molto testarda, detestava le ingiustizie. Combatteva per i suoi ideali e portava avanti i valori che le abbiamo sempre insegnato. Ha scelto di fare il servizio civile alla Caritas, per aiutare i più bisognosi. Quando tornava a casa portava con sé i problemi delle persone in difficoltà. Poi, ha conosciuto il marito e la sua vita è cambiata in peggio. Lui non condivideva gli stessi ideali di mia figlia, non le permetteva di frequentare le amicizie maturate durante il percorso scolastico e lavorativo. Le ha tagliato tutti i ponti con la realtà, con la vita. Anche ai tempi del fidanzamento non lo vedevo di buon occhio. Non era normale che doveva imporre dei divieti a Stefania, come ad esempio un semplice caffè con le amiche.  Lui doveva essere sempre presente, anche quando parlava con un’amica doveva mettere il vivavoce. Aveva paura che qualcuno potesse farle aprire la mente. Ha sempre predominato e questa cosa non l’ho mai accettata”.

 

Mi racconti cosa è successo dopo quel maledetto 19 ottobre 2016, come vi sono state accanto le istituzioni?

Non abbiamo avuto bisogno di aiuto a livello psicologico, in quanto i bambini erano molto piccoli. Solo inizialmente, il più grande è stato seguito. Gli avevo raccontato la morte della madre sottoforma di una favola. Stefania lavorava in un centro per anziani e gli ho detto che Gesù aveva bisogno del suo aiuto per accudire gli angeli più anziani. In un primo momento accettò la cosa, poi inizio a chiedere insistentemente perché non tornava. Lo psicologo gli raccontò tutto, ma disse che in fondo già lo sapeva, cercava solo conferme. Successivamente l’ho portato sulla tomba della madre, così le ha potuto portare un fiore. Sono passati già cinque anni dalla tragedia, non abbiamo avuto le istituzioni accanto. Le cose, però, stanno cambiando, sono fiduciosa. Però si tratta sempre di piccoli passi e per i nostri bambini chiediamo di più. Vogliamo stabilità, continuità. Il sussidio economico per i primi quattro anni non lo abbiamo ricevuto. Poi, con l’approvazione della legge 4/2013, abbiamo avuto un piccolo aiuto. Percepisco 600 euro al mese per i due bambini, non è nulla, per crescerli non bastano. Li chiamo, però, una piccola boccata di ossigeno. Mio marito era impiegato, ora è in pensione e dobbiamo andare sul filo per arrivare a fine mese. Per fortuna esistono le associazioni, come Edela”.

Cosa rappresenta per voi Edela?

É l’unica associazione che, da quando è successa la tragedia, ci è sempre stata vicina, con la presenza concreta della presidente Roberta Beolchi. Quando ho un problema, basta una chiamata e insieme a Roberta, cerchiamo di risolverlo. Dedica la sua vita agli orfani di femminicidio e famiglie affidatarie. La chiamo il nostro angelo custode, è per noi un importante punto di riferimento. I progetti messi in campo dalle associazioni ci stanno dando una grande mano. Siamo un passo avanti rispetto a cinque anni fa. Devo, però, fare un appunto. Agli orfani di femminicidio serve continuità, i progetti hanno una durata limitata. Lo Stato deve essere presente. Lo Stato deve prendere in affido questi orfani, dando loro un futuro sicuro e non come adesso incerto. Sono ragazzi soli, oggi hanno nonni, zii. Domani che non ci saremo più, dove andranno a finire?. Bisogna porre in essere interventi continuativi. Oggi Mario ha 10 anni, Luigi 7 anni. Sono bambini tranquilli, vivono la loro quotidianità tra alti e bassi, così come i loro coetanei. Ci saremo sempre per loro e non gli faremo mancare mai nulla. Speriamo in future misure che possano tutelare maggiormente gli orfani di femminicidio e famiglie affidatarie”.

Un imperdibile appuntamento con la solidarietà, la serata Charity che si terrà stasera a Milano, nella splendida cornice di Palazzo Parigi. L’evento è organizzato da Feminin Pluriel Italia, il network femminile guidato dalla presidente Diana Palomba. I fondi raccolti durante la serata verranno devoluti anche ad Edela, associazione sostenitrice di orfani di femminicidio e famiglie affidatarie, guidata da Roberta Beolchi. Un legame forte e constante quello che lega Feminin Pluriel ed Edela, così come sottolinea la presidente Beolchi: “ Ormai c’è un fil rouge che ci unisce, condividiamo l’amore per i bambini, per lo studio, la cultura, la sensibilità. Il nostro obiettivo è prendere per mano coloro che non ce la fanno, in particolar modo le famiglie affidatarie degli orfani di femminicidio. Questo ha creato un punto di forza, di unione per il raggiungimento di obiettivi seri e concreti per tutti gli orfani di femminicidio”.

Presidente Beolchi, Edela sarà ospite di onore della serata….

“Onoratissima di essere presente stasera a Palazzo Parigi in questo Charity,  un evento organizzato dalla stessa presidente di Feminin Pluriel Italia, Diana Palomba, con impegno, dedizione, costanza e professionalità. La  ringrazio ufficialmente di far parte ormai della famiglia di Edela come tutte le socie del network Feminin Pluriel Italia”.

Quest’anno sarà presente anche Valentina Belvisi, un’orfana di femminicidio abbracciata e sostenuta da Edela

“La presenza di Valentina renderà la serata ancora più emozionante. E’ una ragazza che ha subito questo dramma, l’uccisione della mamma, ma ce l’ha fatta. Si è sposata, ha creato una sua famiglia ed è anche diventata ambasciatrice di Edela, lo scorso giugno, durante la prima edizione del Premio Edela. Insieme a noi, raccoglie le testimonianze, i bisogni, le necessità degli orfani di femminicidio e delle famiglie affidatarie. Scendiamo in campo nel concreto per risolvere le diverse problematiche, che in fondo è lo stesso obiettivo di questo Charity”.

 

Con la raccolta fondi di questa serata, cosa farà Edela nei prossimi mesi?

“Il nostro obiettivo primario è quello di garantire lo studio a chi ha perso anni di scuola, con recupero in istituti scolastici, al fine di farli regolarizzare con gli anni, dare loro la possibilità di frequentare corsi specifici professionali e università, in modo da poterli inserire nel mondo del lavoro. Partirà, da questa sera, in concomitanza con questo Charity, il progetto “Fabbrichiamo Talenti”, pensato con molte nonne e nonni affidatari perché Edela non vuole solo adempiere ai bisogni imminenti, ma anche e soprattutto ai sogni dei bambini”.

Il network tutto al femminile dell’associazione internazionale no profit venerdì 21 ottobre a Palazzo Parigi organizza una cena di gala per raccogliere fondi a favore degli oltre 2.100 bambini rimasti orfani per omicidio di genere.

Il ricavato andrà alle associazioni Edela, Andrea Bocelli Foundation e Ara Lumiere.

Un evento di beneficenza ricco di contributi, ospiti e sostenitori, che raccoglierà fondi a favore degli oltre 2.100 bambini rimasti orfani per omicidio di genere tramite le associazioni Edela, Andrea Bocelli Foundation e Ara Lumiere. È la serata charity che si terrà a Milano venerdì 21 ottobre (ore 19) a Palazzo Parigi (corso di Porta Nuova, 1) organizzata dall’associazione Feminin Pluriel Italia (FPI), il club italiano fondato dall’Avv. Diana Palomba, attuale presidente. Feminin Pluriel Italia è un network internazionale tutto “al femminile” che promuove, tra l’altro, attività finalizzate all’educazione, alla formazione e alla protezione di donne e bambini.  

Durante il galà di beneficenza (per informazioni scrivere a segreteria@fpitaly.it) l’associazione presenterà i nuovi progetti di sensibilizzazione a sostegno delle donne e degli orfani di femminicidio.

 

La serata devolverà il ricavato a tre associazioni: all’associazione Edela che, guidata dalla presidente Roberta Beolchi, tutela e sostiene i protagonisti della violenza di genere (orfani e famiglie affidatarie); al progetto Andrea Bocelli Foundation, nata per aiutare le persone in difficoltà a causa di malattie, condizioni di povertà ed emarginazione sociale promuovendo e sostenendo progetti nazionali e internazionali che favoriscano il superamento di tali barriere e a Ara Lumiere, il brand Made in India, nato da un collettivo di donne sopravvissute all’attacco di acido a cui sarà devoluto parte dei fondi.

“Feminin Pluriel – ha detto la presidente Diana Palomba – si pone come promotrice di un dialogo costruttivo e concreto, volto al sostegno e alla diffusione del rispetto di genere, partendo dai banchi di scuola, per arrivare alla famiglia e agli ambienti di lavoro. Quest’anno interagiamo con tre importanti associazioni che si occupano di realtà ai margini: i bambini, le donne in difficoltà sono la priorità di Feminin Pluriel. La politica e la scuola si occupano troppo poco di sensibilizzare al tema del rispetto. I femminicidi aumentano così possiamo leggere sulla cronaca ogni giorni e così gli orfani.  Ogni anno – ha continuato il presidente dell’associazione, – organizziamo iniziative charity lungo tutta l’Italia: da Napoli a Firenze, la prossima tappa è Milano. Vi aspettiamo il 21 ottobre”.

 

Feminin Pluriel, associazione internazionale femminile nata nel 1992 in Francia da Beatrice Lanson Villat, è oggi presente in più di 18 paesi nel mondo e ha come scopo primario quello di creare un network internazionale di donne per facilitare relazioni e business, ma anche per dare a ognuna di loro la possibilità di condividere esperienze, progetti e di sentirsi ed essere “squadra”. Il Chapter italiano, fondato dall’Avv. Diana Palomba che ne è anche Presidente, è un’Associazione no profit: il ricavato delle quote e degli eventi viene infatti destinato ad attività finalizzate all’educazione, formazione e protezione delle donne, dei bambini o a progetti culturali e sociali.

Link a Feminin PlurieItalia

L’associazione Edela è un’associazione no profit, attualmente guidata dalla presidente Roberta Beolchi, che opera su tutto il territorio nazionale a tutela e sostegno dei protagonisti della violenza di genere: gli orfani e le famiglie affidatarie. Ospita in seno a sé il progetto “Orfani del femminicidio” al quale Femimin Pluriel devolverà il ricavato del proprio evento. Edela ha stimato che siano 1.620 i bambini in Italia che, dal 2000, sono rimasti orfani di femminicidio. Lo specifico progetto ha il fine di supportare queste “vittime di vittime” e di sensibilizzare a una nuova e necessaria educazione le Istituzioni Governative, i dirigenti scolastici, le Federazioni sportive e il Presidente del Consiglio dei Ministri, per contribuire a educare al rispetto umano, alla vita civile e all’uguaglianza di genere, informando altresì giovani e adulti sulle conseguenze delle violenze domestiche.

Link ad Associazione Edela

Andrea Bocelli Foudation, ente filantropico, nasce nel luglio 2011 dalla volontà del Maestro Bocelli e della sua famiglia di restituire quell’affetto e quella vicinanza raccolte nel corso della sua carriera, viaggiando da una parte all’altra del globo. Nasce per aiutare le persone in difficoltà a causa di malattie, condizioni di povertà e emarginazione sociale promuovendo e sostenendo progetti nazionali e internazionali che favoriscano il superamento di tali barriere e la piena espressione del proprio potenziale.

Ara Lumiere, il brand made in India nato sotto l’ala della Hothur Foundation e guidato da Kulsum Shadab Wahab. L’anima del marchio è un collettivo di donne, sopravvissute all’attacco di acido, e accomunate dalla medesima propensione alla forza e resilienza. Le loro creazioni sono insieme simbolo di lotta, di resistenza, di speranza, ma anche di solidarietà visto che il ricavato delle vendite viene devoluto al sostegno dei percorsi di riabilitazione per le donne che subiscono questo tipo di abuso.

E’ proprio grazie a Diana Palomba che Feminin Pluriel  approda in Italia nel 2015.

Diana Palomba è fonder di Ingad Trust Srlund, amante della cucina e grande viaggiatrice. E proprio grazie ad un viaggio a Parigi, in occasione di un evento, Diana incontra la presidente francese,  Beatrice Lanson Villat, e decide di portare Feminin Pluriel in Italia, fondando il club italiano. Oggi Feminin Pluriel Italia conta socie sparse in quasi tutte le regioni della penisola, con professionalità ed età diverse.Diana Palomba ha le idee chiare rispetto alle priorità e alle azioni da intraprendere a sostegno degli orfani di femminicidio.

Diana, secondo lei qual è l’aspetto più importante per il sostegno ai ragazzi orfani?

Senza dubbio lo studio e la formazione. E’ fondamentale supportare i ragazzi nel percorso scolastico e dare loro gli strumenti necessari per l’orientamento nel mondo del lavoro. La cultura salva sempre le persone, ovunque, e aggiungo che l’educazione alla cultura è la sola  cosa che garantisce il futuro per una vita bella e normale“.

Feminin Pluriel è al fianco di Edela anche nella “battaglia” per una legge che prevenga il fenomeno dei femminicidi, al momento crescente, e che preveda un sostegno maggiore agli orfani

“Assolutamente si e ci batteremo finchè non cambierà qualcosa. Occorre una legge forte di prevenzione al fenomeno e a mio avviso bisogna lavorare su due fronti. Il primo in un intervento restrittivo concreto ai primi segnali di annunciata violenza, è lì che si possono salvare vite umane, ma finchè la normativa non consentirà certe azioni continueranno a morire donne ogni due giorni. E la seconda, che in realtà dovrebbe partire  da lontano, è la prevenzione sugli uomini. Dico che dovrebbe partire da lontano, perché spesso i primi segnali arrivano da bambini: un bambino violento, un bullo  oggi sarà un uomo violento domani. Ma il discorso è più ampio e non bisogna guardare solo nella direzione maschile, ma andare verso un cambio culturale e intervenire su uomini e donne, su bambini e bambine e, soprattutto, sulle famiglie, perché un bambino che ha subito violenza, sarà certamente un adulto violento. Un cambio, quindi, culturale ed educativo su un piano molto più ampio.  E’ un aspetto fondamentale che non dovrebbe essere sottovalutato dalla famiglia e dalla scuola. In presenza di un bambino, di un ragazzo con visibili disagi, protagonisti di comportamenti aggressivi, bisogna intervenire con terapie psicologiche adeguate e risolutive“.

Torna il tradizionale appuntamento milanese di Feminin Pluriel. 

Si, finalmente. C’è bisogno di eventi, di momenti lieti e di confronto. Sarà come sempre un evento leggero, perché abbiamo bisogno di leggerezza, ma attenzione leggerezza non vuol dire superficialità. Fare una cosa bella per una cosa buona. Nella serata del 21 affronteremo come sempre tanti temi, ma quest’anno riflettori puntati sull’ importanza della cultura. Una serata di raccolta fondi con l’obiettivo di portare i ragazzi all’Università e garantire loro un futuro. Parole d’ordine: prevenzione, cultura, formazione“.